LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 1
18 ottobre 2015 – 29ª domenica Tempo Ordinario
Ciclo liturgico: anno B
Il Figlio dell'uomo è venuto per servire
e dare la propria vita in riscatto per molti.
Marco 10,35-45 (Is 53,2a.3a.10-11 - Sal 32 - Eb 4,14-16)
Dio della pace e del perdono, tu ci hai dato in Cristo il sommo sacerdote che è entrato nel santuario dei cieli in forza dell'unico sacrificio di espiazione; concedi a tutti noi di trovare grazia davanti a te, perché possiamo condividere fino in fondo il calice della tua volontà e partecipare pienamente alla morte redentrice del tuo Figlio.
Spunti per la riflessione
Non è così fra di voi
Vorrebbero sedere uno a destra e l’altro a sinistra del Maestro, ora che tutto sembra andare per il meglio. Ma a destra e a sinistra, fra poco più di una settimana dall’episodio raccontato da Marco, ci saranno due ladri appesi. E Giacomo e Giovanni saranno lontani anni luce.
Da quella serata memorabile, su, a Cesarea di Filippi, in cui Gesù ha finalmente ammesso di essere il Messia atteso dalle folle, ad oggi, sono passate poche settimane. L’euforia nel gruppo è cresciuta, mentre il rabbì, curiosamente, si sta richiudendo in un pensieroso silenzio di cui nessuno sembra accorgersi.
Scendono a Sud, verso la Giudea, attraverso la valle del Giordano.
Scendono sotto il livello del mare, nel punto più basso della crosta terrestre: Gerico.
E, scendendo, hanno incontrato il giovane ricco che non ha dimostrato coraggio anche se sembrava il discepolo perfetto. E, ora, nemmeno loro, i Dodici, dimostrano di essere discepoli.
Gesù ha appena detto loro di essere pronto a morire. E lo ha ripetuto per la terza volta.
E questi che fanno? Manovre politiche in vista del Sinodo. Pro o contro questo o quel Papa.
Immaginano alleanze e manovre per poter santamente emergere.
Da piangere.
Acidità di stomaco
È un vangelo talmente destabilizzante da avere fatto impallidire le prime comunità.
Un vangelo talmente forte che Luca lo salta piè pari e Matteo lo attenua, attribuendo alla mamma dei boanerghes (= figli del tuono) l’improvvida iniziativa.
Ma dobbiamo avere il coraggio di prenderlo com’è. Possiamo essere discepoli di lungo corso, apostoli, finanche, e non avere capito nulla.
Certo, fanno notare gli esegeti, quando Marco scrive Giacomo l’arrogante è già stato ucciso e Giovanni passerà la vita a raccontare di Gesù, altro che cariche nel governo.
La lezione l’hanno imparata.
Ma per arrivare lì, devono essere macinati dalla croce.
Paradosso
Il paradosso è cercato da Marco: non un infervorato giovane scivola così pesantemente, ma due discepoli che hanno appena sentito il terzo annuncio della Passione. Peggio: gli altri dieci se la prendono con loro per avere per primi preso l’iniziativa!
Marco sembra rimandare alla tragica situazione di Israele quando, morto Salomone, si dividerà in due parti: dieci tribù al Nord e due al Sud.
Gesù è sconcertato, nuovamente. Sa che il suo Regno è servizio, sa che questa sua posizione gli costerà del sangue e questi parlano di privilegi e di cariche, di bonus e di benefit.
Sembra di leggere uno degli squallidi resoconti di questi giorni in cui politici meschini e piccini sprecano denari pubblici mentre molte famiglie scivolano nella disperazione.
O di fratelli e sorelle che hanno un ministero nella Chiesa e che sembrano vivere fuori dal mondo, godendo di anacronistici privilegi oggi fuori luogo e che Papa Francesco, con il suo esempio, stigmatizza.
Terribile.
Logiche
Una pagina sincera, che ci obbliga a guardare al nostro modo di essere Chiesa. Penso, in particolare, ha quanti hanno compiti e responsabilità all’interno della comunità: vescovi, sacerdoti, ma anche catechisti e animatori.
Ho visto persone straordinarie, consapevoli dei propri limiti, consumare la propria vita nell’annuncio del Vangelo. Ho visto sacerdoti in età di pensione e pieni di acciacchi portare ancora l’immenso dono del Pane di Vita in piccole comunità sperdute e giovani passare il loro sabato libero a giocare con i ragazzi in un polveroso e improbabile campo di calcio in periferia. Ma ho anche visto (e sento dentro di me), la tentazione dell’applauso e della gloria, del riconoscimento sociale del mio sforzo, del risultato che, in qualche modo, deve essere visibile e quantificabile. Ho visto (e sento dentro di me) rispolverare vecchi titoli e privilegi, giovani preti convinti che basti la loro semplice presenza e simpatia per cambiare le cose. Ho visto (e sento dentro di me) catechisti offendersi per un richiamo, lettori incupirsi per una minore attenzione, educatori stancarsi al primo soffio di vento.
E penso che dobbiamo ancora fare tanta strada, stare attenti a non cadere nell’inganno della mondanità, guardare sempre e solo al Maestro che ha amato, senza attendersi dei risultati e ottenendoli proprio dando il meglio di sé, in assoluta umiltà e mitezza.
Fra noi non è così, come la logica del mondo, logica istintiva.
Maestro
Gesù dice di essere come agnelli in mezzo ai lupi. A volte pensiamo che, finché gli altri non sono diventati agnelli, meglio essere, se non lupi, almeno lupacchiotti. Che bisogna pur scendere a qualche compromesso, blandire il politico amico, mettere un bemolle all’intransigenza evangelica. Gesù, davanti a tanta piccineria, non si scoraggia.
Avrebbe bisogno di conforto, dona conforto.
Si siede e insegna, ancora una volta.
È naturale che ci sia il desiderio di emergere, di prevalere, di primeggiare, anche nella Chiesa.
È da discepoli fare come lui, mettersi a servizio del Regno.
Così possiamo affrontare la Storia, anche quella insanguinata che uccide i cristiani inermi nei paesi travolti dalla follia del Califfato. Così possiamo raccontare il vangelo all’uomo d’oggi, e questa domenica ricorda lo stile con cui farlo, senza cedere, anche nel nostro piccole realtà, alle logiche mondane del dominio.
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L’Autore
Paolo Curtaz
Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).
Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame>, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).
Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.
Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.
Nel 2009 consegue ilbaccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.
Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.
Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.
Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.
Esegesi biblica
LA DOMANDA DEI FIGLI DI ZEBEDEO (10, 35-40)
Partendo dall'interrogativo dei figli di Zebedeo, Gesù riprende il discorso della Croce precisandone il significato. Il tema della Croce non è certo nuovo in Mc., ma nuovo è il contesto in cui avviene (vi è un chiaro riferimento all'autorità e al suo esercizio) e nuovo è il termine "riscatto".
Per avviarci a comprendere l'originalità della concezione cristiana dell'autorità, Cristo si serve di due paragoni, uno negativo e l'altro positivo. Non concepire l'autorità - dice Gesù - e non esercitarla al modo dei principi di questo mondo: nella misura in cui i modi coi quali esercitate la vostra autorità assomigliano a quelli delle altre autorità, insospettitevi. Ispiratevi, invece, all'esempio del Figlio dell'uomo che viene a servire, non ad essere servito. Dunque l'autorità deve concepirsi come il luogo in cui la logica della Croce si fa più chiara, emergente, ed è proprio in questa emergenza che l'autorità trova la sua giustificazione.
Il termine "riscatto" rievoca un contesto giuridico che tutti conosciamo: quando un uomo cade in schiavitù e non può pagare il riscatto, tocca al suo parente più prossimo pagare al suo posto. È quanto ha fatto Jahwè nei confronti di Israele. Ciò che è in primo piano non è l'esigenza di giustizia, una giustizia che comunque deve essere fatta, anche a costo che sia un altro a pagare. In primo piano è la "solidarietà": il parente non deve prendere le distanze, ma sentirsi coinvolto e solidale al punto da sostituirsi. Ecco la logica della Croce: l'ostinata solidarietà, imitazione e prolungamento dell'alleanza di Dio rivelatasi a noi in Gesù Cristo. È questa la sequela che tutti devono vivere e l'autorità che tutti devono esercitare.
"Concedici di sedere": la richiesta si rifà alla promessa di Gesù dei 12 troni (Mt. 19,28; Lc. 22, 28-30); qui si tratta di occupare o meno i posti d'onore.
"Potete bere il calice?": qui è una figura della morte di Gesù (Gv. 18,11; Lc. 22,20; Eb. 9,15) come qualcosa che i due fratelli devono condividere.
"Non sta a me concederlo": Gesù può soltanto indicare la via che porta a questa gloria attraverso la sua morte; ma soltanto Dio può concederla, perlomeno fino a quando Gesù abbia ricevuto la pienezza della sua autorità messianica attraverso la sua risurrezione.
ISTRUZIONE SULLA GRANDEZZA (10, 41-45)
I discepoli dovranno capovolgere il comportamento abituale di coloro che sono in autorità e che governano con la forza, la loro nuova norma di condotta - essere servi di tutti - è resa possibile dalla stessa missione di servizio di Gesù.
"Il Figlio dell'uomo è venuto per servire": l'uso del titolo "Figlio dell'uomo", che denota l'autorità di Gesù, accentua il paradosso della sua volontaria sottomissione.
"Per dare la vita in riscatto": questa frase, modellata su Is. 53, 10-12 specifica il senso del servizio di Gesù come una morte espiatrice per tutti gli uomini. La rarità con la quale Gesù descrive la sua missione nei termini di Is. 53, e il fatto che questi testi si trovano unicamente nella fonte marciana, ha indotto Jeremias a supporre che Gesù abbia confidato la sua rivelazione soltanto ai suoi discepoli più intimi.